Mentre le predette Procure hanno concluso le loro investigazioni con un impegno encomiabile,
la inerzia assoluta della Procura di Roma ha sostanzialmente favorito, così come si era verificato
per analoghe denunce precedenti, quasi tutte destinate all’archivio, la prosecuzione della
mistificazione e la vergognosa semina di veleni, da parte della bene
individuale “Centrale giornalistica di depistaggio mediatico”, impegnata
ad affermare il falso sul vero, così come ha inopinatamente accertato la citata
Commissione parlamentare di inchiesta Alpi (pag. 673 della Relazione Finale).
Diffamatori e calunniatori di cui il Presidente della Commissione, lo stesso giorno dell’approvazione della Relazione
– 23/2/2006 – ha indicato per nome e cognome e per testata giornalistica, per come documentato dalla denuncia/querela
di Giancarlo Marocchino (in particolare i giornalisti di Famiglia Cristiana e de L’Espresso; ai quali la stessa relazione dedica più pagine (da pag. 619 a pag. 623) accusandoli in modo specifico di aver sfruttato vari affabulatori, tutti accertati calunniatori, proprio allo scopo di far prevalere il falso sul vero, costruendo una
filiera di mistificazioni che non hanno precedenti nella storia della Repubblica Italiana (vedi pag. 675).
Nè alcun commento viene fatto in relazione ai risultati conseguiti dalle 7 Procure della Repubblica
che hanno indagato sul traffico di armi e di rifiuti (Torre Annunziata, Asti, Milano, Roma, Reggio Calabria, Paola e
Potenza), nonché sulle conclusioni delle 4 Commissioni parlamentari di inchiesta che indagarono nel corso della XIII
e XIV Legislatura, proprio sui temi della malacooperazione e dei traffici di armi e di rifiuti,
e meno che mai per quanto riguarda le motivatissime conclusioni della Commissione parlamentare Alpi-Hrovatin,
secondo la quale il duplice omicidio fu un “mero atto banditesco contra intertam personam” a fronte di
un deserto probatorio totale, circa la valenza del ricordato teorema omicidiario (da pag. 674 a pag. 670),
laddove letteralmente si scrive: “il traffico di armi e il traffico di rifiuti tossico e/o radioattivi e la
malacooperazione, non possono costituire, non solo sul piano strettamente probatorio, ma nemmeno su quello delle illazioni o della congettura, fonte di consapevolezza causativa della uccisione dei due operatori dell’informazione, in quanto portatori del pericolo della divulgazione”, per concludere: “Deserto probatorio assoluto per quanto concerne e il traffico dei rifiuti e il traffico di armi”,
nonché:
“deserto probatorio assoluto sulle causali da cui far provenire la consapevolezza di fatti e di circostanze”.
Un fatto è certo: il perdurare dell’inchiesta, pare a
tempo indeterminato, rende un servizio prezioso proprio a favore dei noti
depistatori, tutti i soliti, tutti notori e chiaramente individuati, tutti ancora
impegnati a scrivere migliaia di articoli, libri in continuazione (fino a tutto l’anno 2011),
a organizzare tavole rotonde e a motivare gli annuali Premi Giornalisti Ilaria Alpi a Riccione,
ai quali poter convocare tutto il giornalismo italiano, con un battage enorme protratto senza soluzione di continuità.
Il tutto sempre supportato ricorrentemente dal TG3, anche lui considerato in posizione apicale
nella centrale di depistaggio.
Troviamo i loro nomi – ne parleremo in seguito – costantemente evocati
nei tanti servizi giornalisti: Francesco Elmo, Aldo Anghessa, Luciano Porcari,
Guido Garelli (l’unico a non prestarsi al mendacio), Giampiero Sebri
(condannato su querela di Giancarlo Marocchino a due mesi di reclusione dal
Tribunale di Alba con sentenza del 5/6/2005 per il reato di diffamazione e a
tre anni di reclusione dal Tribunale di Roma con sentenza del 27/4/2007,
per il reato di calunnia!) e per finire Francesco Fonti, il più falso di tutti,
sbugiardato da una generalizzata archiviazione su tutte le sue mendaci storie
costruite avendo come unici interlocutori proprio i tre giornalisti di Famiglia Cristiana,
Luciano Scalettari, Alberto Chiara e Barbara Carazzolo e il giornalista de L’Espresso Riccardo Bocca,
tutti dei settimanali considerati in posizione apicale nella centrale di depistaggio e tutti accusati
dalla Commissione parlamentare di inchiesta Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
di “vera e propria malafede” (pag. 623 della Relazione Finale), proprio per lo “sfruttamento” dei medesimi.
Questa operazione di depistaggio continua giorno dopo giorno.
Continua la Commissione parlamentare: “l’abilità dimostrata da questa grande ed imperterrita
strategia è stata di altissimo livello, sfruttando
la vanità di Magistrati desiderosi solo di acquisire a basso costo un’alta visibilità”.
Si scatenano i depistatori, giornali, settimanali, TG3, gli editori di libri, in Italia e all’estero
e in particolare si mobilita, la nuova Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo
dei rifiuti e attività illecite ad esso connesse, presieduta dall’On.le Gaetano Pecorella
e ricostituita nel corso della presente legislatura e si scatenano il Governo, l’antimafia
e gli enti locali della Calabria, disponendo accertamenti e verifiche che arrivano allo stesso risultato:
un deserto probatorio assoluto e la totale inaffidabilità del Fonti, al punto da considerare il CASO CHIUSO!
Il tutto con un dispendio di risorse enormi per centinaia di milioni di euro resi necessari a
carico dell’erario persino per gli accertamenti in fondo al mare, oltre che, per come già detto,
per 60 mila sondaggi su 150 km d territorio della Basilicata.
Ci si trova di fronte a un cumulo di menzogne che non riguardano solo i pretesi trasporti di rifiuti
e l’opera di autoaffondamento delle navi per la fattività malavitosa del Fonti,
ma che riguardano anche altre storie falsamente inventate, quali quella:
Quel Giorgio Comerio contro il quale il giornalista Riccardo Bocca aveva scritto
una sequela di ben 12 articoli dal 10/6/2004 fino alla immediata vigilia dell’apparizione
del memoriale del Fonti sul suo L’Espresso (2/6/2005), accusandolo di questi pretesi traffici
di armi e di rifiuti, di una tale gravità che la Commissione parlamentare di inchiesta Alpi ha
disposto una approfondita indagine risoltasi con una smentita generalizzata delle storie raccontate
da quel settimanale e dal suo giornalista per come fa fede quanto scritto a pag. 385 della Relazione Finale.
Proprio il fallimento di questa indagine in ambio parlamentare
(dopo la rimessione alla Autorità Giudiziaria delle dichiarazioni,
ritenute “contra verum” rese dal PM dr. Neri: vedi pag. 602/604 della Relazione)
ha reso necessario il memoriale del Fonti stampato il 2/6/2005, allo scopo di riaccreditare
tutto il mendacio accumulato contro l’ing. Comerio.
Quel Giorgio Comerio che il Fonti arriverà addirittura a dichiarare di aver incontrato
casualmente in un ristorante a Cetinje nel Montenegro, in compagna di una donna,
potendo poi combinare subito enormi traffici di armi: altra spudorata menzogna!
Tutta una filiera di invenzioni del Fonti che riteniamo essergli state suggerite,
non potendo conoscere i particolari riferiti, ben noti, però, a giornalisti.
- sullo spiaggiamento della MN/Jolly Rosso avvenuto sulle coste di Amantea in Calabria, il 14/12/1990,
- sull’autoaffondamento della nave Rigel avvenuto nel 1987;
- colpevolizzando e demonizzando lo scienziato ing. Giorgio Comerio;
- nonché su pretesi affondamenti di siluri costruiti da costui contenenti rifiuti
nucleari e seppelliti nei fondali dell’Oceano Indiano prospicienti
1994 (cioè dopo la morte di Ilaria Alpi), quel Giorgio Comerio colpevolizzato anche per
un preteso rinvenimento a casa sua il 15/6/1995 di un certificato di morte di Ilaria Alpi,
che invece ha portato alla denuncia penale contro il S.Procuratore della Procura di Reggio Calabria
dr. Francesco Neri, per falsa testimonianza avanti al Tribunale Penale di Roma, su decisione della
Commissione parlamentare di inchiesta Alpi che ne parla dettagliatamente da pag. 602 a pag. 605 della sua Relazione.
Ripetiamo che ci appare di particolare rilievo anche
la considerazione fatta dalla Commissione parlamentare di inchiesta Alpi
nei riguardi del Bocca, il quale ha rifiutato di rispondere alle tante domande
sui suoi rapporti con il Fonti, tanto che il Presidente della Commissione stessa lo ha
definito: “Testimone reticente e inescusabile”.
Rifiuto del Bocca a rispondere al riguardo anche davanti alla Commissione
parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, tanto che le Commissioni
stesse hanno concluso sostenendo che dovrà rispondere dinanzi alla autorità competente.
L’obiettivo appare chiaro: non chiude la istruttoria sul caso Somalia-Alpi-traffici illeciti e
quindi tenerla in vita, ancorché moribonda, praticamente a tempo indeterminato, malgrado
il precedente istruttore dr. Franco Ionta ne avesse già chiesto l’archiviazione.
Si tiene in piedi, a nostro sommesso parere – lo abbiamo già scritto – un otre gonfio di vento,
senza indursi a quelle investigazioni che la Commissione parlamentare aveva caldamente sollecitato,
una volta accertata la consistenza e la falsità delle piste costruite solo dalla fantasia dolosa
di un certo giornalismo di assalto.
E solo in tal modo che si può giustificare il perdurare della istruttoria sul caso Alpi.
Tutto è stato detto dalla Relazione Finale della Commissione parlamentare di inchiesta Alpi e nulla
ad oggi sembra essere emerso per contestare le sue conclusioni circa gli aspetti mistificatori
di una operazione definita “sicuramente criminosa”, quella cioè del linciaggio mediatico (pag. 673).
Si badi bene: non ci si trova di fronte ad ipotesi investigative,
ma alla costruzione e diffusione di fatti concreti addebitati a precise
persone, sapendo della loro innocenza e continuando ad accreditarli malgrado
siano stati accertati come falsi.
Così questo linciaggio, spregiudicatamente e impunemente, può continuare
esasperando persone innocenti fino al limite dell’incredibile,
per come evidenziati dai dati che emergono da internet, che, per come riferito,
al solo nome di Ilaria Alpi si avvicinano alle 500 mila unità. Una enormità!