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updated: , 09-Luglio/A

- Ilaria Alpi. Certificato di morte: da una solida realtà ad una ipotesi investigativa -

E poi un AK-47 "gettato via" ?



Nell'abitazione di Giorgio Comerio, nei due giorni di perquisizioni, il 4 ed il 5 Giugno del 1995, erano presenti cinque - sei funzionari fra inquirenti, poliziotti ed altri dei quali non se ne conoscono le generalità.
Le perquisizioni furono molto attente e meticolose.
Alla fine delle due giornate di attività investigativa fu redatto un verbale di sequestro con un inventario preciso e dettagliato e firmato sia dai funzionari di polizia che da Giorgio Comerio.
Nel verbale-inventario di sequestro non è assolutamente menzionato nessun certificato di morte, e men che meno quello di Ilaria Alpi.
Basta leggerlo con attenzione, voce per voce.
E' un inventario dettagliato ed assai preciso.

Se fosse mai stato trovato un tale documento sarebbe stato immediatamente messo in evidenza, inventariato con grande cura, fotocopiato e si sarebbero immediatamente chieste spiegazioni allo stesso Comerio sulla sua provenienza.
Inoltre se ne sarebbe immediatamente verificata l'autenticità.
Per motivi tutt'ora ignoti il Procuratore Francesco Neri ha dichiarato di averlo rinvenuto solo a Reggio Calabria e di averlo inviato a Roma per posta raccomandata.
Tutti i dettagli a pag. 603 della relazione Taormina.
Ma, anche in questo caso, il Dott. Francesco Neri avrebbe dovuto provvedere a verificarne l'autenticità ed a chiedere a Comerio di spiegarne la provenienza.
Ma non lo ha mai fatto.

E quasi certamente un documento del genere sarebbe diventato una parte integrante di tutti quei "documenti erranti" che di nascosto, zitti zitti, se ne sono usciti dai blindatissimi uffici degli investigatori e sono approdati sui tavoli delle redazioni di Famiglia Cristiana e del gruppo dell'Espresso.
La mancanza di fotocopie di un tale documento pare una dimenticanza bizzarra ( 14 mesi ) per un team di investigazione altamente qualificato, che fotocopiava di tutto e di più.
Dimenticanza bizzarra anche considerando il fatto che su tutta la stampa nazionale l'esistenza del certificato di morte di Ilaria era stata confermata, proprio dal procuratore Neri, come una "solida realtà" assolutamente concreta e tangibile anche se ancora "invisibile" ai giornalisti .

Nonostante neppure una fotocopia del certificato sia mai apparsa, ecco che un manipolo di giornalisti "investigativi", fra i quali Alberto Chiara, Luciano Scalettari, Barbara Carazzolo, Maurizio Torrealta, Luigi Grimaldi ed altri veri falsari dell'informazione, danno la presenza del certificato di morte non solo come cosa certa ma pure come la vera prova "regina" di un coinvolgimento di Comerio in Somalia : un falso poi appurato e conclamato.
Ma ecco che, ancora una volta, avviene la trasmutazione della materia.
Il famoso certificato viene inviato da Francesco Neri a Roma al Dott. Pititto con lettera raccomandata / assicurata n. 3806 del 20 Agosto 1996.
Ben 14 mesi dopo quei due giorni di perquisizione: il 4 e 5 Giugno 1995.
Insomma il certificato inesistente é rimasto per ben 14 mesi dormiente fra le pratiche del procuratore..( ??? )
E nessuno, durante quei quattordici mesi, ha mai pensato di fare qualche fotocopia ? Di verificarne l'origine e l'autenticità ?
E poi Legambiente scrive di "stranezze".. Forse perché, stranamente, non ne ha avuto una fotocopietta per prima, magari da passare alla stampa ?

Nel viaggio il documento si dematerializza e si trasmuta in altro documento inerente a tutt'altro argomento processuale.
In pratica il servizio postale italiano non solo consegna le buste intatte ma provvede anche a delle trasmutazioni alchemiche.

Ma l'On. Taormina non crede alla trasmutazione della materia e il Dott. Francesco Neri viene rinviato a giudizio.
Il giudizio relativo al procedimento avviato dall'On. Taormina viene preso in carico dalla Procura di Roma in data 20 Dicembre 2005.
In data il giudice GIP lo dichiara "nullo" per un vizio di forma dovuto al fatto che, in Commissione, l'On. Taormina aveva richiesto al Dott. Neri di giurare di dire la verità.

"...Accadeva però, che l’On. Taormina commetteva un errore procedurale.
Infatti al momento dell’audizione del Dr. Neri, faceva giurare quest’ultimo, in violazione dell’art. 13 comma terzo del regolamento interno della Commissione, che vieta alle alte cariche dello Stati ai Magistrati incaricati di procedimenti relativi agli stessi fatti che formano oggetto dell’inchiesta di prestare giuramento.
La Procura della Repubblica di Roma in data 20 Dicembre 2005 formulava richiesta di archiviazione proprio perché era stato violato tale principio che regola le sedute di audizione dei testimoni di fronte la Commissione.
Il Gip di Roma in data 20 Gennaio 2006 , ( giusto un solo mese dopo.. ) emetteva decreto di archiviazione nei confronti del Dr. Neri.
Intanto però il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Antonino Catanese si limitava solo a comunicare alla Commissione che non era stato trovato il certificato di morte e l’assicurata attestante la trasmissione degli atti alla Procura Romana.

Fonte: - Pubblicazione di Legambiente - 6 Giugno 2006

A mio parere pero' in questo modo si é tradito lo spirito della Legge.
Infatti puo' essere ammesso che, anche sotto giuramento, un magistrato ometta di comunicare alla Commissione quelle informazioni che possono creare un ostacolo alle sue indagini - quelle in corso, ovviamente - od un danno a terzi.
Infatti dall'aula della audizione, effettuata comunque in presenza di diversi soggetti a volte ciarlieri, potrebbero sfuggire e quindi essere rese note, informazioni riservate e che vanno protette proprio nell'ambito dell'istituto del segreto istruttorio espressamente previsto dalla Legge.
Pare invece assai improbabile, se non veramente improprio, che il legislatore ammetta esplicitamente che sia possibile la dichiarazione di una fatto, di una avvenimento, assolutamente falso.
Il dichiarare il falso é cosa ben diversa dall'ommettere delle informazioni per motivi di protezione di una inchiesta in corso, di una istruttoria in via di formazione, di una attività investigativa in essere.
Il dichiarare il falso, in ogni caso, comunque, ed in ogni ambito e/o circostanza, é un reato.
Un principio che non solo deve valere per tutti ma che dovrebbe valere, a maggior ragione, proprio durante le audizioni delle Commissioni parlamentari.
Non si comprende quindi perché invece, in questo caso, possa essere ammessa la falsa dichiarazione.
In ogni caso con questa decisione che si lega ad un "vizio di forma", che poi vizio non pare essere, dal mio punto di vista, resta quindi confermata l'ipotesi di falsa dichiarazione come chiaramente espressa dall'On. Taormina e come poi verificata dalla sostanza dei fatti.
Ovvero che le dichiarazioni rese in Commissione, relativamente al ritrovamento del certificato di morte, erano assolutamente false e non certo giustificabili da una qualsivoglia "ipotesi investigativa".

Il Giudice evidentemente comunque dà credito alla trasmutazione della materia, già avvenuta, pare a Tabga, sulle sponde del lago di Tiberiade prima, e poi studiata da Cagliostro secoli dopo, e pare quindi che vada a stabilire che, in effetti, il certificato di morte di Ilaria Alpi non era una solida realtà ma una "mera ipotesi investigativa".
Un' ipotesi che non è un impalpabile pensiero come in generale pare siano le ipotesi, ma un documento reale e pure stampato su carta, anche se in fotocopia, come dichiarato dallo stesso Dott. Francesco Neri..
Dichiara infatti il Dott. Neri, in commissione, di aver visto il certificato-ipotesi , e di ben ricordarsi come fosse la fotocopia di un certificato emesso da un comune Italiano, probabilmente quello di Roma, ma che non ne era poi certo.
Lo dichiara il 18 Gennaio 2005, come si legge a pag. 14 e 15 del testo stenografato reperibile cliccando su:

Testo stenografato ( Il testo é liberamente reperibile sul web )

Interessanti poi le domande, pertinenti ed incalzanti, dell' On. Elettra Deiana - SEL - che con grande abilità mette in evidenza le incongruenze dell'esposizione del Dott. Neri.
Dott Neri che pare poi essere mediaticamente ben assistito da Roberto Ferrigno, Nuccio Barrillà e Stefano Ciafani, che scrivono di tutto e di più, come si puo' evincere dal documento - 157 pagine - cliccabile su:

Elenco attività del Dott Neri in relazione alle denunce di GreenPeace e di Legaambiente-

Ipotizzare, in un'investigazione, l'esistenza di una prova cartacea, presentata alla stampa come una "solida realtà" e poi trasmetterla per posta raccomandata a Roma - ove poi comunque arriva materializzata ma in un'altra forma atomica - è un'altra verità giudiziaria che potrebbe stupire anche i fisici del CERN di Ginevra.
Ma poi, appurata la verità giudiziaria dell'ipotesi investigativa, ecco che, inspiegabilmente, il Dott. Neri non pensa minimamente di scagionare Comerio, avvisandolo che il conclamato certificato di morte non era altro che una sua mera "ipotesi investigativa" e non una solida realtà, ma non avvisa neppure la stampa investigativa che tanto si è occupata delle sue indagini con solerzia ed assiduità.
E non avvisa neppure Roberto Ferrigno, che, in un modo o nell'altro, non solo era stato l'iniziatore dell'inchiesta ma che poi, con solerzia ed assiduità, l'ha seguita mediaticamente con Barillà e Stefano Ciafani.

Nonostante il manifestarsi di fenomeni di trasmutazione della materia, ipotesi investigative inviate per lettera raccomandata, e dimenticanze eclatanti, l'inchiesta, dopo cinque anni di approfondite indagini, nell'anno di grazia 2009, viene archiviata dallo stesso Neri.
A riprova dell'inconsistenza delle accuse e del deserto probatorio.
La trascrizione dell'interrogatorio del Dott. Neri in audizione in commissione Taormina, è leggibile cliccando su:

Trascrizione udienza Dott Neri( Il testo é liberamente reperibile sul web )

A Pag. 386 della relazione finale dell'On. Taormina si legge come il procuratore Francesco Greco sottolinei l'assoluta inesistenza di elementi di collegamento fra Comerio e la morte di Ilaria Alpi.
Giudizio quasi sempre ignorato dal giornalismo specializzato solo in scoop da prima pagina.



Per concludere un appunto sull'AK-47 "gettato via".

Ed ora una modesta annotazione tecnica, del tutto personale, che pare essere stata ben poco esplorata.
Il caricatore dell' AK-47 nelle mani dell'unica guardia armata dei giornalisti, che sedeva nel cassone del pick-up, di solito contiene trenta colpi.
Vi sono anche caricatori piccini, da soli 5 - 10 - 20 colpi ma anche di maggiori dimensioni fino a 100 colpi.
Un caricatore da 20 - 30 colpi non è ingombrante , se ne possono tenere diversi addosso, è di facile inserimento nell'arma e di veloce caricamento.
Dalle foto visibili nei reportages dell'epoca pare quello più comunemente disponibile sul mercato locale.
Dalla lettura dei documenti pare che la guardia armata, Nur Mohamed Aden abbia sparato per primo nella direzione dei sei- sette uomini armati che, sulla Land Rover azzurrina, avevano l'evidente intenzione di compiere un'azione criminale sbarrando la strada al pick-up dei giornalisti.

Mohamed Aden era assolutamente visibile ed allo scoperto nel cassone, il primo ed immediato bersaglio degli assalitori .
E lo sapeva benissimo.
Spara qualche colpo.
Una decina ? Forse anche molto meno.
Magari giusto tre o quattro colpi, e poi pare che l'arma si sia inceppata; oppure, semplicemente, non aveva più colpi nel caricatore.
Perché spara per primo ?
Probabilmente perché sapeva di non avere molte munizioni, giusto pochi secondi di fuoco, e quindi si è semplicemente difeso attaccando lui per primo e per avere il tempo di fuggire.
Spara i pochi colpi che ha in canna giusto per mettersi in salvo oltre il muretto.
Lasciando i due italiani assolutamente scoperti ed indifesi sulla macchina che sbandando assorbe i colpi di risposta che vanno ad uccidere i giornalisti ma salvano Abdi, l'autista.
E' un dettaglio tecnico, il tipo di caricatore ed i colpi contenuti, che pare non sia emerso in tutte le investigazioni.
E poi, assai inspiegabilmente, Nur Mohamed Aden ha "buttato via il mitra". (pag. 445 )
Buttare via un'arma ? Perché poi mai buttare via lo strumento principale del suo lavoro ?
L'unica spiegazione sarebbe quella di nascondere una prova, oppure di passare più facilmente inosservato nella fuga.
Arma poi non più recuperata ? Un dettaglio che pare essere stato poco investigato.
Magari è proprio un'arma inceppata, o magari un caricatore mezzo vuoto, i due fattori che hanno segnato il destino di due vite. E null'altro.
L'avvenimento viene descritto dal l'On. Taormina , sintetizzandolo, a pag. 664, come un atto banditesco "contra incertam personam".
Atto banditesco portato a compimento da un gruppo in agguato, "alla posta" da diverso tempo, vicino all'abergo Hamama, al solo fine di compiere un'azione aggressiva contro qualsiasi possibile vittima di un certo rilievo.
Gruppo che pare sia stato visto anche nei pressi dell'Hotel Sahafi, maggiormente frequentato ma certamente in un'area più sorvegliata. In defintiva dei banditi in cerca di ambite prede facilmente localizzabili proprio nelle aree di pertinenza degli unici due alberghi frequentati da stranieri.

Tant'è che neppure un mese dopo, - Il 18 Giugno 1994 a Mogadiscio sud, nei pressi dell'Hotel Sahafi, venne rapita la giornalista Tina Susman, liberata l'8 giugno senza pagamento di riscatto.

E' poi verosimile che la morte abbia creato da un lato preoccupazioni proprio in ambienti e personaggi coinvolti in attività al limite della legalità e dall'altro magari destato interessi speciali da parte degli stessi dirigenti e colleghi della RAI che, bene o male, speravano di trovare, fra taccuini e videocassette, gli elementi per uno scoop giornalistico sensazionale.
Attività mediatica ben descritta a pag 673 dall'On. Taormina quando scrive: " .... a dire o scrivere quello che serviva per avvallare il grande teorema;
sfruttando singole complicità con servizi di sicurezza;
pubblicando migliaia di articoli, di servizi, libri capziosamente costruiti, proiezioni cinematografiche;
abusando oltre misura e limite della televisione pubblica e privata con continui servizi e tesi precostituite.

E quindi, i maggiori timori di alcuni , i grandi innominabili interessi di altri, sono nati forse proprio solo "post mortem".
Sembrerebbe quindi possibile che proprio i timori di ignote e nascoste notizie abbiano innescato una serie di azioni a volte scomposte ed a volte irrazionali, spesso poi contrastanti fra di loro; ignote e nascoste improbabili notizie vagheggiate nei numerosi articoli della stampa "investigativa".
Azioni in grado di causare un'incarcerazione che pare proprio essere stata artatamente costruita giusto per fermare ogni ulteriore investigazione su avvenimenti od azioni od accadimenti che potevano implicare non certo piccoli singoli operatori privati - tutti artatamente coinvolti - ma istituzioni con maggiori poteri.

Azioni scomposte che hanno coinvolto falsi testimoni, depistatori, falsi collaboratori di giustizia, giornalisti d'assalto senza molti scrupoli pronti a pagare profumatamente collaboratori senza senso etico e senza morale al solo fine di ottenere dichiarazioni favorevoli alle loro ipotesi.

Attività di giornalisti e di fiancheggiatori senza etica, totalmente ben descritta non solo nella relazione Taormina ma anche nel dettagliato memoriale redatto dall'Avv. Stefano Menicacci.
Azioni che hanno visto anche come attori funzionari della DIGOS di Udine ( relazione: da pag. 565 a pag. 596 ) e disattenti funzionari dell'intelligence italiana, a quanto pare spesso più intenti a sbianchettare i rapporti originali pervenuti da Mogadiscio che ad approfondire le notizie.

Riportiamo qui alcuni estratti significativi- dalla Relazione Finale Commissione presieduta dall'On. Carlo Taormina , Doc. XXII-bis n. 1 approvato il 23 Febbraio 2006-
La relazione è scaricabile dal web cliccando sul link:

Relazione Finale Commissione Taormina

Le 687 pagine della relazione analizzano con la massima attenzione ogni aspetto della vicenda, incluse le attività di "depistaggio", quelle di giornalisti investigativi a caccia di scoop, ed ogni aspetto tecnico e scientifico relativo alle indagini ed agli elementi probatori.

Alcuni passaggi significativi qui riportati in ordine di lettura.

Pag.127:

Anche su tale punto l'attività della Commissione ha permesso di evidenziare un ulteriore elemento, mai precedentemente raccolto nel corso delle indagini; nel filmato ABC girato da Carlos Mavroleon ( intervistatore Roger Hearing) è stata individuata una voce fuori campo; un somalo non identificato, probabilmente commentando l'accaduto, afferma:
" la cosa che mi è strana è che li aspettavano da ieri sera, Cercavano degli italiani"

Pag. 148:

Corte d'Assise 20 Luglio 1999
" Le risultanze istruttorie consentono, invece, di affermare con certezza che il fuoco fu aperto per primo dalla scorta dei due giornalisti, che si riparo' dentro il cassone del Toyota, in un primo momento e poi dietro un muro, e che, a seguito di cio', le persone che si trovavano sulla Land Rover scesero e spararono stando di fronte alla Toyota senza mai avvicinarsi molto alla stessa.

Benché, infatti, sia Sidi Abdi che Nur abbiano riferito che a sparare pe primi furono gli assalitori scesi dalla Land Rover, il teste Ahmed Ali ha invece riferito con certezza che il fuoco fu aperto dalla scorta ( ma in un contesto dichiarativo frammentario anche Hussain Alsow Mohamed ha affermato di aver visto che a sparare per primo era stata la scorta dei giornalisti: v. il verbale di dichiarazioni in data 6 luglio 1198, acquisito per essere il teste irrepribile ) e il teste Giuseppe Bonavolontà, recatosi a Mogadiscio all'incirca un mese dopo l'omicidio, ha precisato di aver incontrato l'autista e la scorta e di averli sentiti discutere tra loro e, in particolare, di aver sentito Abdil dire al giorvane della scorta : " non dire che hai sparato per primo" ( v. Bonavolontà udienza del 24 Marzo, ff.112 e 132 )
Inoltre, sia Porzio che Alberizzi, i quali ebbero ad incontrare l'autista, hanno riferito che quest'ultimo perciso' che il fuoco fu aperto dalla scorta ( v. rispettivamente udienza del 6 Marzo, f.157 e udienza del 23 Marzo, f.24)

Anche la sentenza di secondo grado ( Corte d'ssise d'Appello - 24 Novembre 2000 ) , pur giungendo a conclusioni radicalmente diverse in ordine alla responsabilità di Hashi, conferma tale ricostruzione.

E sempre a Pag. 148 :

"Un altro dato rilevante è costituito dal fatto, che pure puo' dirsi processualmente accertato, secondo cui fu la scorta dei giornalisti, Mohamud Nur Aden, a sparare per primo,con cio' interrompendo una eventuale azione degli aggessori diretta ad impadronirsi dei beni dei giornalisti o delle loro stesse persone, in un certo senso costringendoli a sparare a loro volta"

Pag 155:

Pertanto il Prof. Pascali ha cosi' concluso:
"... La mia personale opinione è che esistono schiaccianti - ripeto schiaccianti - e diverse, differenti o variegate linee di evidenza che suggeriscono che il colpo che ha attinto Ilaria Alpi sia un colpo esploso a distanza, probabilmente da kalashnikov; ma lo stato in cui é ridotto il nucleo di piombo non ce lo fa dire esattamente, in quanto ha avuto numerosissimi impatti.
Inoltre, per curioso o inconsueto che possa sembrare - ma non cosi' inconsueto, visto la letteratura che abbiamo citato - , il frammento di metallo n. 141147 è un frammento satellite proveniente dall'esterno, probabilmente da una parte dell'autovettura..."

La perizia del Prof. Pascali trova successivamente piena conferma nell'esame della Polizia di Stato sull'autovettura su cui hanno trovato la morte i due giornalisti.

Pag. 161:

4. La distanza dalla quale sono stati esplosi i colpi che hanno raggiunto il veicolo e gli accupanti, è verosimilmente stimata in circa 5 m, espmosi da un solo sparatore posto difronte al veicolo in movimento in retromarcia, con andamento irregolare, e con origini di traiettorie dipendenti dalla posizione dei veicolo stesso.

Pag 163:

Inoltre, lo stesso dato viene registrato nel rapporto del capitano Ferdinando Salvati, incaricato dal Comando UNOSOM di investigare sui fatti, il quale apprende da fonti confidenziali che
".. La guardia del corpo somala ha reagito sparando, ha ucciso uno degli attaccanti, ne ha ferito un altro.."

Pag. 237:

.. fondata e non solo a posteriori ( " vie era una sola persona di scorta, mentre l'altra macchina era piena di morian.. quando una persona, da sola, comincia a sparare è un suicidio.
Noi, lo staff di Giancarlo, eravamo molto armati.. doveva scappare, almeno per salvare questi giornalisti... perché non era in grado di difenderi")
Inoltre ha spegato perché credette senza problemi alla circostanza del tentativo di rapina o di sequestro, anche nell'eventualità che le vittime non fossero in possesso di gioielli o altri oggetti di valore ("perché sono stranieri ! sequestrano i somali... figuriamoci una straniera, un'italiana! ... perché pagano di più, oppure il riscatto lo paga la società.
L'incasso è maggiore")

Pag 239 - Le illazioni mediatiche con coinvolgimenti di presunti mandanti:

Pur senza anticipare le conclusioni finali, puo' sin d'ora rilevarsi che nessun collegamento significativo è dimostrabile tra i soggetti che verranno indicati, le loro attività, i loro interessi ed il fatto delittuoso di sui si tratta

Pag.386:

Il Dott. Francesco Greco, in servizio presso la procura di Paola, ha illustrato le risultanze delle indagini condotte sulla nave Rosso.
Quindi premettendo di non avere "nel modo più assoluto e nenanche in termini di mera possibilità" elementi di collegamento tra la morte di Ilaria Alpi e l'indagine da lui coordinataha spiegato che il ruolo di Comerio e la sostanza delle indagini.
Lo stesso giorno é stato sentito dalla Commissione il dr. Francesco Neri, in servizio a Reggio Calabria.
Senza entrare nel merito delle indagini condotte e dei fatti investigati, cha paiono eccentrici rispetto alle nostre finalità, l'audizione ha assunto una certa centralità laddove il magistrato, nel rievocare la perquisizione operata presso lo studio di Comerio, indagato principale, ha dichiarato di avervi rinvenuto il certificato di morte di Ilaria Alpi.

Pag. 393:

Nel corso dell'audizione del 6 settembre 2005, alla domanda del Presidente che lo invita a riferire su che cosa sa in merito al traffico di rifiuti tossici e radioattivi, Ali Mahadi risponde:
" E' tutto falso. E non so come si possano dire certe cose in un paese civile come l'Italia.
C'é stato uno che ha detto di avermi dato 7 milioni di marchi, mentre non l'ho mai né visto né conosciuto.
Com'é possibile, signor Presidente, che accadano certe cosa in un paese civile come l'Italia ?"
Ne nega dunque l'esistenza e aggiunge:" non esiste. Se qualcuno sa dove sono stati messi, sono pronto a portarlo li' e a tirarli fuori, se qualcuno sà qualcosa."
Poi, in quella del giorno successivo, aggiunge:Non voglio parlare della strada tra Garoe e Bosaso, perché cio' è riferito ai tempi di Siad Barre; pero' ne sono certo, i somali sanno tutto.
I somali hanno fiuto e lo avrebbero visto, se si fosse messo questo materiale sotto le strade, nel paese; non si trova nenanche un somalo che parli di questa cosa, mai.
Mi accusano di aver preso soldi per rifiuti che venivano scaricati nei mari internazionali; che bisogno c'era di una autorizzazione ?
Sono mari internazionali!
Non possiamo controllare neanche cinquanta chilometri di costa; non abbiamo navi, non abbiamo niente per controllare!
Percio' credo che tutto questo sia falso, sia una montatura

Pag. 442:

Di sicuro interesse è apparsa la testimonianza, inedita, di un giornalista inglese, Roger Hearing, il quale, per l'aspetto che ci interessa, ha dichiarato che le minacce o i tentativi di sequestro dei giornalisti, in quel periodo a Mogadiscio, erano piuttosto evidenti e frquenti.
Lo stesso giornalista ha affermato di essere stato anche lui oggetto di minacce ed ha raccontato del sequestro di una corrispondente di Associated Press a scopo di riscatto, in un epoca di poco successiva alla morte dei giornalisti italiani.
A conferma di cio', la Commissione aveva da tempo raccolto informazioni in ordine a numerosi episodi di sequestro di persona verificatisi in Somalia in quel periodo ed in particolare nei primi mesi del 1994.

- il 10 Gennaio 1994 avvenne a Mogadiscio il rapimento di Calum Garner, un britannico impiegato del PAM ( programma alimentare mondiale dell'ONU), rapito da un gruppo Morian, mentre si recava a piedi a lavoro ( e liberato due giorni dopo)

- Il 6 Febbraio 1994 a Dusa Marheb ( locaità a 400 Km da Mogadiscio ) alcuni banditi armati rapinano Gino Del negro, infermiere CISP ( Comitato per lo Sviluppo dei Popoli ) che venne liberato in giornata.

- il 9 Febbario, ad Erigavo, si verifico' il rapimento di quattro cittadini britannici, tra cui due deputati, una giornalista e un rappresentante di una organizzazione umanitaria, tutti liberati nel giro di ventiquattro ore.

- Altro sequestro si verifico' a nord-est di Giohar (territorio controllato dagli Abgal )il 13 Febbraio 1994 dove furono sequestrati Sergio Passadore e Gianfranco Stefani, collaboratori del CEFA ( Consorzio Europeo per la Formazione Agraria ) .
Entrambi venno liberati dopo una trattativa di 48 ore senza il pagamento di un riscatto, erano stati richesti 50.000 dollari, e con l'intervento di due elicotteri della ITALFOR con la moglie del presidente Ali Madhi, del sottosegretario Azzarà, del generale Fiore e degli ambasciatori Scialoia e Moreno.

Nota: 20 Maggio 1994 : avviene l'omicidio di Ilaria Alpi

- Il 18 Giugno 1994 a Mogadiscio sud, nei pressi dell'Hotel Sahafi, venne rapita la giornalista Tina Susman, liberata l'8 giugno senza pagamento di riscatto.

Sull'argomento anche la giornalista Giuliana Sgrena, amica della Alpi, giunta a Mogadiscio pochi giorni dopo l'omicidio, nel corso della sua audizione in Commissione il 20 Luglio 2005, ha riferito che " Si é detto che potesse essere per un sequestro, ma allora sembrava abbastanza inverosimile.
Dopo ci sarebbero stati dei seqiestri, ma fino ad allora non mi sembra.."

Pag. 445:

..."A bordo del pick up di Mirian c'era un uomo di scorta soltanto, che, contravvenendo a quella che è una tradizione, un'abitudine, una disposizione consolidata per cui quando il numero della scorta é inferiore a quello degli assalitori deve alzare le mani e arrendersi, spara.
Spara dieci colpi, forse anche meno, e il mitra gli si inceppa.
Lo butta via e scappa.
Dalla Land Rover incominciano a sparare.
L'autista della macchina di Ilaria e Mirian innesta la retromarcia, nascondendosi in parte sotto il volante, per cercare di sfuggire ai proiettili che stavano arrivando, fa 50-100 metri indietro e gli assalitori continuano ad inseguire la macchina e a sparare.
Subito dopo risalgono in macchina e scappano"

Pag. 603 e 604 - Il certificato di morte di Ilaria Alpi emesso dal Comune di Roma ( ? )

In tale cartella sarebbe stato inserito anche copia del certificato di morte di Ilaria Alpi che ( trattenendone ulteriore copia agli atti della sua inchiesta a Reggio Calabria ), sarebbe stata da lui trasmesso, corredato della documentazione utile, al dott. Pititto, PM che a Roma , all'epoca, si occupava dell'indagine sul duplice omicidio Alpi-Hrovatin.

La commissione ha pertanto delegato un'acquisizione documentale tramite i propri consulenti, che recatisi il 21 Gennaio 2005 presso gli uffici giudiziari di Reggio Calabria non hanno rinvenuto negli atti messi a disposizione da quella Procura ( pur avendo esaminato anche cartelle diverse da quella indicata dal dott. Neri come contenente i documenti di interesse ) né la copia del certificato di morte della Alpi né la copia della lettera di trasmissione al PM di Roma.
E' seguita una corrispondenza con il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria ( interessato da questa Commissione con nota scritta del 24 Gennaio ) e con lo stesso dott. Neri, all'esito della quale il Procuratore Capo di Reggio Calabria ha fatto conoscere che negli atti del fascicolo, già in carico al dott. Neri , non vi é traccia del certificato di morte della

Pag 604
Ilaria Alpi né della lettera di trasmissione a Roma, e che una ricevuta postale riguardante l'inoltro a Roma di documenti in epoca coeva si riferisce a pratica del tutto diversa di esecuzione penale.
Il fatto ha comportato la trasmissione, ai sensi dell'art 17 c.2 del regolamento degli atti alla procura di Roma, cui compete la valutazione delle dichiarazioni rese come testi alla Commissione.

Pag 623 - Lo sfruttamento mediatico -

Il suo sfruttamento da parte dei giornalisti investigativi ( oltre a quelli di Famiglia Cristiana, nella fattispecie era implicato Giorgio Bocca dell'Espresso, che sul settimanale aveva appunto dato spazio alle dichiarazioni, inedite e asseritamente rilevanti, dell'ex boss ) configura un'operazione che quanto meno è dettata da un'estrema superficialità professionale se non da vera e propria malafede nel plasmare le dichiarazioni di un testimone ad uso e consumo dei propri fini giornalistici.
Si puo' dire che nei casi citati si è fuori dal vero spirito del giornalismo di inchiesta, dal momento che le attività in essere non mirano a scoprire informazioni, meccanismi causali, protagonisti nascosti ma a dafe credito e sostenere pseudo verità che non sono altro che assunti indimostrati.

Pag 665 - Conclusioni.

Non esiste la benché minima prova che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in quel soggiorno somalo fossero venuti a conoscenza di alcunché o comunque di qualcosa la cui importanza potesse tradursi in causale della loro uccisione.

Pag. 671 - 672 - 673 Dieci anni di depistaggio mediatico:

Per molteplici ragioni, non si possono fissare i presupposti e i limiti di responsabilità istituzionali che sono state accertate nela gestione della vicenda, dal momento della uccisione di Ilaria Alpi e di Mirian Hrovatin alla sua trattazione giudiziaria, senza mettere in luce il ruolo svolto dall'informazione nei lunghi anni trascorsi dal 1994 ad oggi, compreso il periodo di svolgimento dell'inchiesta parlamentare.
Ragioni economiche e politiche, la cui matrice, non già come provenienza partitica ma come causale profonda di una persistenza sulla posizione, non é stato possibile accertare, hanno fatto si che intorno a determinati settori dell'informazione si costituisse una vera e propria centrale dedita al depistaggio rispetto all'accertamento di una verità che sembrava fin troppo semplice.
Con cio' non si vogliono coinvolgere nell'operazione sicuramente criminosa, le testate di periodi e di giornali di appartenenza dei singoli operatori dell'informaizione, gicché è risultata assolutamente evidente l'abilità dimostrata da questa grande ed imperterrita strategia è stata di altissimo livello, sfruttando la vanità di magistrati desiderosi solo di acquisire a basso costo una alta visibilità;
piegando con tutti i mezzi - alcuni accertati, altri no - gli affabulatori di cui si è detto a dire esattamente quello che serviva e che poteva essere fatto conoscere preventivamente nonostante il rigore di mura carcerarie o di protezione annaquate sul piano della vigilanza da parte delle forze dell'ordine;
inducendo singoli investigatori, in grado pero' di essere determinanti nella gestione degli uffici pubblici di appartenenza, a dire o scrivere quello che serviva per avvallare il grande teorema;
sfruttando singole complicità con servizi di sicurezza;
pubblicando migliaia di articoli, di servizi, libri capziosamente costruiti, proiezioni cinematografiche;
abusando oltre misura e limite della televisione pubblica e privata con continui servizi e tesi precostituite.


Ma un altro interessante documento è reperibile sul web e relativo alla posizione di Giancarlo Marocchino.
Basta cliccare su:

Avv. Menicacci / Giancarlo Marocchino

Il documento redatto dall'Avv. Stefano Menicacci è dettagliato ed esaustivo e fornisce ulteriori informazioni sulle attività del collaboratore, notoriamente mendace, Francesco Fonti e delle sue relazioni "finanziarie" con i giornalisti di Famiglia Cristiana prima e con Riccardo Bocca dell'Espresso poi.


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22 - Maggio -CRONACA - INCHIESTE - - Le "Navi a Perdere " - Commissione Parlamentare On. Pecorella / On. Bratti- secondo capitolo - La carta inesistente arrivata dal futuro -

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- Giorgio Comerio - Pubblicazioni dal 2013

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